Volevo essere Jo March | donna con libro #1
Ti racconto di quando ho riletto "Piccole Donne" da adulta
Cara Jo,
ho riletto Piccole donne e Piccole donne crescono per la prima volta dopo circa quindici anni. Come mi succede sempre quando, ormai adulta, ritorno da un libro che ho amato da bambina, ho provato uno strano senso di straniamento. I ricordi sembrano quasi cambiare contorno. Però voglio rassicurarti, perché nonostante tutto rimani il mio personaggio preferito e la mia eroina — ma procediamo con ordine.
Quando ti ho incontrata avevo circa sei anni: Piccole donne è stato il primo libro vero che io abbia mai letto. Un regalo di mia mamma, per festeggiare il fatto che ormai sapevo leggere con disinvoltura e potevo lasciarmi alle spalle i libri dove le immagini erano più numerose delle parole. Certo, il libro era di formato grande, e con qualche illustrazione, ma una nota prometteva che si trattava dell’edizione integrale di un grande classico. Ho riposto la sovraccoperta su uno scaffale della libreria e poi l’ho letto tutto d’un fiato, immergendomi completamente nella storia.
L’idea di avere tre sorelle sembrava così affascinante, per me che ero figlia unica; immaginavo di essere una di voi, e assieme a tutte voi mi sono arrabbiata, commossa e spaventata.
Fin da subito tu sei stata la mia preferita. Io non ero né un maschiaccio né una ribelle, però ero testarda e sognavo di diventare una scrittrice, proprio come te. Tu scrivevi e pubblicavi racconti, eri forte e determinata; non eri perfetta, ma sapevi ammettere di aver sbagliato e facevi il possibile per migliorare. Ovviamente sei diventata il mio modello; io volevo essere come Jo March.
“– Natale non sarà Natale senza regali, – brontolò Jo, stesa sul tappeto.
– Brutto guaio essere poveri, – commentò con un sospiro Meg facendo scivolare lo sguardo sul suo vecchio vestito.
– È un’ingiustizia, dico io, che certe ragazze abbiano un sacco di belle cose e altre niente, – aggiunse la piccola Amy, tirando su col naso per il dispetto.
– Abbiamo il papà e la mamma, però, e ciascuna di noi ha tre sorelle, – disse Beth dal suo angolino con aria soddisfatta.” (Piccole donne, capitolo I)
Immagina allora il mio entusiasmo quando qualche mese più tardi, la mattina di Natale, ho scartato Piccole donne crescono: un libro che ancora oggi non riesco a separare da quel particolare stato d’animo tipico dei pigri pomeriggi a cavallo tra dicembre e gennaio, quando tutti i grandi chiacchierano seduti a tavola e alla tv mandano un film di Natale dopo l’altro. (Quasi dimenticavo: anche io amavo starmene distesa sul tappeto del salotto.)
Ho passato la giornata incollata al libro. Tutte voi ragazze March, Laurie compreso, eravate ancora lì, sul punto di diventare grandi, ma mi stavate aspettando; anche io mi sentivo un po’ cresciuta rispetto a quando avevo letto il primo volume. Questo però non mi ha impedito, quella sera, di abbandonare il libro per correre in lacrime dai miei genitori: Beth era morta!
Comunque il giorno dopo l’ho ripreso in mano e ho continuato a leggere. Quando sono arrivata all’ultima pagina non ero in lacrime, ma ero comunque triste. Quanto ho sofferto quando zia March non ti ha chiesto di accompagnarla in Europa! E com’era possibile che tu, Jo, avessi rinunciato al tuo sogno di diventare scrittrice? Per cosa, poi – per aprire una scuola assieme a quel noiosone di Bhaer, un uomo quasi anziano che criticava i tuoi racconti e che tu avevi pure sposato? Certo, lui era un professore che sapeva tante cose, mi sono detta alla seconda rilettura. In un certo senso, era un’ispirazione, forse era l’unico degno di te. Eppure qualcosa in lui non mi convinceva; questo lieto fine aveva un sapore amaro.
Tra i sei e i dieci anni, Jo, ho riletto più volte entrambi i libri. Mentre la mia calligrafia si assottigliava e poi tornava a riempirsi, ho riempito quaderni di poesie e racconti; ho continuato a immaginare un futuro in cui ero coraggiosa e ribelle e gli sconosciuti avrebbero letto quello che scrivevo. La morte di Beth è rimasta dolorosa e il Professore continuava a non piacermi. Sono diventata una sorella maggiore; ho scoperto che avrei saputo perdonare i dispetti, ma sospettavo non avrei mai trovato in me la forza per perdonare un gesto come quello di Amy (sai a cosa mi riferisco!). Il film Piccole donne – quello del 1994, con attori forse tutti troppo vecchi per i ruoli, ma comunque bellissimo – è diventato parte delle tradizioni natalizie della mia famiglia, il nostro appuntamento fisso del 26 dicembre.
Poi ho scoperto altre storie e altri scrittori; ho riposto i tuoi libri sullo scaffale riservato ai miei libri d’infanzia. Ho dovuto ammettere a me stessa che non ero una Jo e che forse non lo sarei mai stata. Forse la sorella March più simile a me era Meg, che pure mi era sembrata così noiosa quando l’avevo conosciuta (scusa!). Però non ho mai dimenticato nessuna di voi: come certe abitudini, e certi modi di dire o di fare che ho assorbito da amici e famigliari e che ripeto senza accorgermene davvero, voi sorelle March siete rimaste parte di me.
"Non sarebbe divertente se i nostri castelli in aria si realizzassero e noi potessimo viverci dentro?" (Piccole donne, capitolo XIII)
Quando ho scoperto che Greta Gerwig avrebbe scritto e diretto un film su Piccole donne ho deciso che era arrivato il momento di rileggere il libro (piccolo inciso: mi chiedo se Lady Bird potrebbe piacerti!). Ero curiosa e un po’ spaventata: chissà che effetto mi avrebbe fatto sfogliare quelle pagine ingiallite, tornare alla storia e ai personaggi che nel tempo avevo idealizzato.
Invece mi sono emozionata come fosse la prima volta. Non voglio nascondertelo, Jo, anche se forse alzerai gli occhi al cielo: ho versato qualche lacrima. E quando ho visto il film, invece, ho proprio pianto; però secondo me ti saresti commossa pure tu, a vedere la sala piena di mamme e figlie. Anche io ho chiesto a mia madre di accompagnarmi al cinema. E’ stata lei a farmi conoscere la vostra storia; ho sempre pensato che Piccole donne appartenesse a noi due.
Sì, lo so: si tratta di un legame che condividiamo in tantissime, da generazioni. Ma questo non lo rende meno speciale, anzi! Pensa che nemmeno conoscere la storia di Louisa May Alcott (la tua “vera” madre) e il suo complicato rapporto con la pubblicazione di Piccole donne ha influito sul mio legame speciale con te e le altre ragazze March — ma di questo parleremo un’altra volta.
Sai, quando decido di preparare una torta, ma il risultato è deludente, mi ricordo di Meg e del suo fallimentare tentativo di preparare la marmellata. Mia sorella mi ha spiegato che la sua preferita è Amy, e che io sono decisamente una Meg. Io le ho detto che forse potrei perdonarla, se sposasse il mio ex-quasi-ragazzo, ma non ne sono sicura al 100%.
A ogni modo, penso ancora a te ogni volta che mangio una mela mentre scrivo. E se vuoi saperlo, anche se non tutti i miei castelli in aria sono diventati realtà, io continuo a prendermene cura.
Con affetto,
Sara
Grazie per aver letto questa pagina di diario/lettera a Jo March! Questo è il primo di una serie di post dedicati a tutti quei libri che considero parte di me e che potrei utilizzare come coordinate per tracciare un mio ritratto. Ho preso spunto da Donna con libro. Autoritratto delle mie letture, un libriccino in cui Bianca Pitzorno ci racconta alcuni libri che sono diventati parte della sua vita.
Ti lascio qualche link che potresti trovare interessante se, come me, hai amato e ami ancora Piccole donne. Ovviamente non posso non chiedertelo: tu che sorella March sei?
Una libro breve, ma molto interessante e ben scritto, sulla vita di Louisa May Alcott (mi piacerebbe parlarne meglio in un post!): Louisa May Alcott di Beatrice Masini
Una bella recensione al film del 2019: ‘Little Women’ Redux di
La sceneggiatura del film del 2019 (sì, è il mio adattamento preferito): Little Women by Greta Gerwig
Ti aspetto per parlarne nei commenti, se ti va. Se dovessi descriverti attraverso i libri che hai letto, da quale titolo partiresti?💌
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A presto,
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Cosa dire, Sara? Sto piangendo. ❤️
Che bella questa lettera alla nostra Jo! 🩷